“Valorizziamo il capitale umano di ognuno!” -Intervista alla Dott.ssa Sara Peruselli: psicologa, psicoterapeuta, specializzata in plusdotazione cognitiva.

Dott.ssa Sara Peruselli, Psicologa Psicoterapeuta Sistemico Relazionale specializzata in plusdotazione cognitiva

Sara Peruselli, classe 1981, nasce, si forma e cresce come Psicologa Psicoterapeuta sistemico-relazionale nel contesto Pavese, dove si specializza in plusdotazione. Da sempre appassionata di psicologia, la fortuna vuole che proprio nello stesso anno in cui termina le scuole superiori a Pavia nasca il primo corso di laurea in Psicologia nella sua città natale. 

Scopre il mondo della plusdotazione grazie all’incontro con la dott.ssa Annamaria Roncoroni –Presidente AISTAP– e la dott.ssa Daniela Miazza, con le quali fonderà alcuni anni più tardi l’Associazione Italiana per lo Sviluppo del Talento e della Plusdotazione. L’Associazione nasce con l’obiettivo di colmare un vuoto, che all’epoca era evidente, rispetto alle opportunità che si potevano offrire a bambini e ragazzi plusdotati. Ma anche per far conoscere il mondo dei gifted, formare colleghi, insegnanti ecc. e accompagnare gli individui plusdotati nello sviluppo del loro potenziale. Chi è AISTAP? AISTAP è un’associazione specializzata nell’educazione e nell’insegnamento agli studenti dotati di elevate capacità cognitive o di un talento in un ambito specifico. 

La dott.ssa Peruselli, oltre ad essere responsabile clinica di Aistap, è psicoterapeuta, consulente e formatrice. Nella sua carriera, ha partecipato a svariati congressi, seminari, pubblicazioni in Italia e all’Estero riguardo la plusdotazione cognitiva. Vale la pena ricordare che sono pochissimi in Italia i professionisti che si occupano di plusdotazione e che hanno un curriculum formativo a tal proposito. 

Dal 2014 effettua attività di  prima certificazione diagnostica dei DSA. Nel 2017 ricopre l’incarico di Litterature Research per gli Strand 1 e 5 nell’ambito del progetto Erasmus+ e Revision of the project to evaluate the impact and contribuition  to italian gifted education per Aistap.

  • Buongiorno dott.ssa Peruselli. Entriamo subito nel vivo dell’intervista. Qual è, se esiste, il metodo maggiormente utilizzato per definire un bambino plusdotato?

In Italia l’unica cosa che ad oggi si può fare è una valutazione cognitiva, attraverso la somministrazione di test standardizzati che -di fatto- valutano il QI (quoziente intellettivo). Dalla letteratura scientifica sappiamo che i più quotati ad oggi sono le Scale Wechsler. Quindi abbiamo la WWPSI in età prescolare, la WISC in età scolare (La WISC-IV valuta quattro aree cognitive, mediante indici cognitivi distinti) e la WAIS dai 18 anni di età. Conosciamo in letteratura scientifica anche le matrici di Raven ma, se vogliamo una valutazione più completa, la più consigliata è quella attraverso le Scale Wechsler. Oggi come oggi in Italia, anche se la plusdotazione non è ancora riconosciuta ufficialmente, si ritiene necessaria la valutazione cognitiva. Questo perché per definire la plusdotazione bisogna osservare il QI : una persona plusdotata si colloca dal 98° percentile in sù. Diverso è il caso delle persone di talento, dove l’abilità eccezionale si può manifestare in ambito cinestesico, nell’arte, nella creatività, nelle capacità di leadership, ecc., valutabile all’opera

  • Quali sono i comportamenti che potrebbero indirizzare gli insegnanti a pensare ad una valutazione di plusdotazione?

Quando parliamo di plusdotazione non possiamo parlare di diagnosi bensì di valutazione perché, non essendo questa una patologia, non c’è una certificazione. Dunque, si parla di “valutazione” che attesta (o meno) la plusdotazione. Una circolare del 2019 consentirebbe ai plusdotati con difficoltà emotive alla scuola primaria di rientrare tra i BES. Attualmente, da poco più di due anni, è presente un tavolo tecnico scientifico al Ministero di cui l’Associazione AISTAP, rappresentata dalla dott.ssa Annamaria Ronconi, fa parte. Tuttavia, basta leggere qualsiasi documento che tratta i diritti dei bambini, l’importanza dell’istruzione e parla di sviluppo del capitale umano per comprendere che il compito degli insegnanti è quello di valorizzare il potenziale umano di ognuno. Questo vale per i bambini/ragazzi plusdotati. Ma vale anche per tutti gli studenti e, più in generale, per tutti gli individui.

  • Quali sono i comportamenti degli insegnanti che potrebbero aiutare i ragazzi plusdotati a sentirsi valorizzati e maggiormente inseriti nel contesto scuola?

Possono essere bambini che imparano a parlare molto presto, che hanno delle abilità motorie pazzesche o che possiedono un ricco vocabolario assieme alla capacità di comprendere concetti complessi. Inoltre, possono fare domande sul senso della vita già in età prescolare, sono molto sensibili, possono imparare a leggere e scrivere prima dell’ingresso alla scuola primaria. Vi è poi una fascia di “ipersensibili” che non è detto abbiano delle competenze prestazionali dal punto di vista degli apprendimenti: la difficoltà nel percepire tante sfumature di una singola cosa fa sì che un bambino si ritrovi a dover gestire ogni singolo aspetto  dell’emozione che percepisce. Quindi, se quel bambino ha paura di una cosa non è solo la paura della cosa in sé ma c’è tutto un universo dietro quella cosa, i suoi significati, ecc.

Come se la situazione stessa fosse percepita e vissuta in modo più adulto. 

È la complessità il termine che descrive la plusdotazione. Le neuroscienze ci dicono che si tratta di una neurodiversità e pare che le connessioni tra i due emisferi -in un soggetto plusdotato- siano maggiori rispetto a quelle che troviamo in un soggetto “non-plusdotato”. Poi, sembra anche che ci sia maggiore mielinizzazione con un incremento dell’attività dell’emisfero destro. Cosa che, solitamente, -invece- è evidente solo nei creativi. È principalmente la quantità di interconnessioni, di scambi, a fare la differenza.

Un bambino iper-stimolato avrà ovviamente delle prestazioni migliori rispetto a un bambino sotto stimolato. Ma se un bambino plusdotato chiede e nessuno gli risponde -se inserito in un contesto deprivato dove non ci sono stimoli ambientali- il talento, comunque, rischia di restare inespresso. Se -invece- il contesto e le caratteristiche personali lavorano a sostegno delle abilità, riusciamo a vedere l’espressione di un talento. In Germania, ad esempio, il sistema è strutturato in modo tale che se un bambino manifesta determinate capacità viene automaticamente inserito in un programma speciale, a prescindere che abbia una valutazione di plusdotazione o meno. Gli insegnanti semplicemente osservano delle potenzialità ed offrono delle opportunità per sostenerle.

Siamo tutti diversi, ma abbiamo tutti gli stessi diritti, ad esempio il diritto allo studio. È un mondo questo che ha fame di equità, non di uguaglianza. Pensiamo ad uno dei maggiori problemi dei bambini plusdotati: la noia. I bambini plusdotati, spesso, si annoiano. La noia non è un nemico da combattere in toto ma se eccessiva rischia di spegnere entusiasmo e curiosità. Ecco allora che si potrebbe provare a lanciare loro degli input adeguati ai loro bisogni, per farli lavorare al loro reale livello e, solo di tanto in tanto, delegare loro la gestione delle frustrazione derivante dalla noia. Ci dovrebbe essere un equilibrio tra la noia che il bambino plusdotato è talvolta “costretto” a vivere per via dei suoi tempi di apprendimento decisamente più veloci e gli stimoli che riceve dal mondo della scuola. 

  • Ad oggi, secondo lei, é presente in Italia una risposta istituzionale adeguata ai bisogni dei bambini gifted?

Non ancora. Si inizia a parlare di plusdotazione, sono nate diverse associazioni, alcuni Enti ed Istituzioni hanno iniziato ad investire per la formazione degli insegnanti, ma ancora non basta. Ci sono delle linee guida molto generali per la valutazione, stilati dall’Ordine degli Psicologi, ma spesso colleghi e professionisti ancora non conoscono questo ambito.

  • Le è mai capitato un caso di un bambino/ragazzo plusdotato che aveva dapprima avuto un’altra diagnosi? Se sì, decorso della terapia con lei…

Sì..ahimè anche più di una. Ad esempio ricordo una coppia di genitori disperati per  i continui cambiamenti di diagnosi (iperattività, poi disturbo dell’umore, poi disturbo generalizzato dello sviluppo) e soprattutto per la disperazione del bambino, 8 anni, che a scuola si sentiva un pesce fuor d’acqua con i coetanei ma anche incompreso dalle insegnanti. È stato sufficiente instaurare un buon clima di fiducia, parlargli in modo chiaro, definire a cosa potesse servire una valutazione per ottenere tutta la sua collaborazione e scoprire poi un’altissima plusdotazione. Ricordo ancora con commozione le sue parole: “Sei la prima persona che mi tratta come normale. Di solito mi trattano come uno stupido, come uno che non capisce nulla.” Questa è un’altra cosa che non dobbiamo mai dimenticare: se il bambino si sente stupido, è molto probabile che farà lo stupido perché è l’unico modo in cui sente di essere visto. 

  • Si può evitare una diagnosi errata?

In Italia c’è una distinzione tra alto potenziale cognitivo e plusdotazione. Il primo riguarda circa il 6-7% della popolazione mentre la plusdotazione appena il 2%. Poi ci sono i “doppiamente eccezionali”: plusdotati con un disturbo specifico dell’apprendimento, motivo per cui nei test, magari, hanno alcune cadute e non raggiungono il 98esimo percentile perchè magari hanno la memoria di lavoro, oppure una velocità di elaborazione un po’ più basse, fermo restando il fatto che questi sono aspetti su cui si può lavorare. Tenzialmente, però,  il QI è statico: si tratta di abilità di base che o hai o non hai. Al massimo, ci può essere una variazione di qualche punto. Il QI può essere sottostimato nel caso di “diagnosi errate” perché non è sempre possibile essere oggettivi durante una valutazione, c’è la relazione che si instaura con chi abbiamo di fronte. In primis perché per quanto il test stia oggettivo, noi restiamo degli esseri umani. Poi, perché i bambini plusdotati a volte possono essere più concentrati a guardare te come terapeuta/psicologo, cosa tu stai chiedendo a loro anziché essere concentrati sul compito stesso. Non possiamo non tener conto di questa cosa!

  • Geni ma con difficoltà relazionali. 

Spesso, nei plusdotati c’è una dissincronia tra il cognitivo e l’emotivo. Quindi, a volte, é come se lo sviluppo emotivo e lo sviluppo cognitivo corressero a velocità diverse, su due binari paralleli. Lo sviluppo emotivo, d’altro canto, dipende molto dalle esperienze che facciamo. Finché non ci troviamo nella situazione in cui dobbiamo tirar fuori le nostre risorse, magari, non sappiamo neanche di averle. All’interno del mondo dei plusdotati -però- non c’è un rischio più alto di incorrere in difficoltà emotive o relazionali, la variabilità sia per le emozioni che per i comportamenti è tanto quanto quella della popolazione “normale”. Quindi, non è detto che un plusdotato non abbia competenze relazionali o si senta disadattato all’interno del contesto sociale. Ci sono dei plusdotati che hanno delle abilità sociali pazzesche, altri che hanno delle competenze relazionali adeguate.

  • Quali sono i meccanismi che intaccano determinati processi mentali volti alla socializzazione, all’empatia, ai comportamenti prosociali?

Intanto si tratta di abilità che si sviluppano nel tempo e proprio grazie alle interazioni e alla guida di adulti competenti. C’è poi una parentesi da fare relativamente all’aspetto della sensibilità che talvolta si esprime in maniera dissonante soprattutto quando i bambini sono più piccoli. Capita infatti che alla scuola dell’infanzia, un bambino manifesti delle sensibilità particolari, ad esempio, ai suoni, ai rumori. E osservandoli si potessero notare tratti ossessivi o ripetitivi; scoprendo poi che si trattava di strategie per preservarsi. Un bambino plusdotato ipersensibile al rumore, inserito in un contesto di gruppo come in mensa o in salone, sente il bisogno di proteggersi ed isolarsi. E questo non ha a che fare con mancanza di capacità di socializzazione, ma con il bisogno di isolarsi dal caos e dal rumore. Oppure il bambino plusdotato può sembrare affaticato dalle relazioni con chi spinge, corre, ecc. ed evitarle. In realtà è perchè per principio, non metterebbe mai le mano addosso ad un altro bambino e non capisce perché l’altro, invece, lo faccia. La trovano un’ingiustizia. E a questo si aggiunge spesso una forte empatia e un forte vissuto emotivo, che a volte li inonda.

Il bambino plusdotato fa sempre una lettura ipercomplessa delle situazioni, spesso attribuendo all’altro una capacità di ragionamento pari alla sua. Di solito, sono le aspettative ad essere disattese. Posso fare l’esempio di un adolescente plusdotato che ha vissuto come spettatore una situazione di grave bullismo verbale. Sta provando un forte rifiuto verso la scuola perchè gli adulti non sono stati tutelanti, sono intervenuti sminuendo la situazione e senza prendere posizione.

In ogni caso il mondo dei plusdotati è estremamente vario. C’è il plusdotato che si nota a scuola perché è performante, riesce bene e ha un evidente diverso livello di profondità; però ci sono anche tanti altri plusdotati che non sempre si vedono. Ad esempio, sono riconosciute molte meno plusdotate femmine, perché le bambine più facilmente riescono a leggere il contesto, le sue regole e imparano ad adeguarsi. Ad esempio posso raccontare di una bambina plusdotata che -con non poco sforzo- inibisce gli stimoli e le sue capacità per stare al passo con gli altri bambini della classe, salvo poi esprimere tutta la sua frustrazione e delusione a casa. Riesce a fare né più né meno di quanto richiesto dall’insegnante in classe; a casa scarica tutta la tensione accumulata. Più spesso i bambini plusdotati maschi mostrano comportamenti di irrequietezza, iperattività, oppositività, ecc. Poi ci possono anche essere i plusdotati non accademici e che eccellono in ambiti che nulla hanno a che fare con la scuola.

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  • Qual è il tuo motto nella vita o la tua filosofia di vita?

Se penso all’esperienza in questo mondo della plusdotazione, che mi ha cambiata come professionista e come persona, direi che dobbiamo tutti imparare a osservare le risorse nostre e altrui, perchè solo così si può continuare a crescere. 

E aggiungo, invece, una frase di J. Kabat-Zinn che sento particolarmente mia in questo periodo della vita: “Non puoi fermare le onde ma puoi imparare a cavalcarle.”

  • I bambini plusdotati hanno la “teoria della mente”? 

Certo che sì. Si tratta di bambini che hanno capacità cognitive molto superiori alla norma, a volte anche una sensibilità estrema, ma il fatto che talvolta fatichino nelle relazioni o nella socializzazione non significa che non abbiano le competenze. Spesso sono fraintesi, perchè hanno una visione molto razionale, oppure non comprendono come mai un coetaneo non rispetti le regole o alcuni adulti siano incoerenti, o ancora perchè ci siano delle ingiustizie. E questo può portarli a irrigidirsi di fronte a situazioni difficili da gestire. Ma spesso questo accade proprio per il motivo contrario ossia perchè non solo sanno mettersi nei panni degli altri, ma possono sentire le loro emozioni, vedere come sono collocati nel contesto da un punto di vista più ampio e globale, interrogarsi sulla politica, l’etica e le scelte di tutela ambientale, eccetera mostrando, pertanto, una ricchezza di pensieri e sentimenti altrettanto eccezionale!

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Visita il sito https://www.psicologisistemici.com/2020/07/giftedness-is-not-a-crime/

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